PICCOLO RACCONTO (Opera di Ciro Mauro)

Mignolino era il più piccolo di cinque fratelli, gli altri quattro erano tra loro molto diversi, il più grande era chiamato pallone perché mangiava tanto e aveva un grasso pancione, il più alto si chiamava grissino perché cresceva solo in altezza, il terzo si chiamava ercolino perchè con la sua forza era capace di sollevare un carro pieno di fieno, infine il più vanitoso dei quattro si chiamava brillantina, per i suoi capelli sempre in ordine, fermati da uno spesso strato di gel che li faceva risplendere sotto i raggi del sole.  Tutti avevano un compito importante e insieme si davano da fare per aiutare il loro papà, un uomo sempre silenzioso e con la schiena curva per il duro lavoro di tanti anni.

 Mignolino era sempre messo da parte perché più debole e per questo si sentiva inutile nella famiglia. Ogni fratello aveva un compito importante, lui no.

Sempre silenzioso e mortificato, si nascondeva all’ombra dei fratelli. Si poteva anche fare a meno di lui perché non si capiva quale aiuto potesse dare alla famiglia.

 I giorni passavano e tutto cresceva intorno a Mignolino, anche lui come gli altri cresceva, ma restava ancora il più piccolo e debole.

Per crescere di più pensò di mangiare tanto.  Ogni giorno, pasta, latte, pane, frutta e dolci erano ingoiati in grandi quantità, ma alla fine si procurava solo un forte mal di pancia che lo rendeva ancora più debole e bisognoso di cure.

 La mamma gli raccomandava sempre di lavarsi bene i denti ogni volta che finiva di mangiare, se pure i denti si fossero guastati, certamente la situazione sarebbe peggiorata e al disagio di non poter dare una mano alla famiglia, si sarebbe aggiunta pure una faccia senza sorriso per non far vedere i buchi neri per i denti mancanti.

Il tempo passava, ma per mignolino passava troppo lentamente perché voleva crescere più in fretta. A scuola ci andava senza voglia, erano troppe le volte che i compagni lo prendevano in giro per la sua poca resistenza nelle gare sportive che la scuola oganizzava. Spesso era relegato nel palco come riserva se bisognava fare una sostituzione, ma entrare in campo, diventava per lui un altro momento di disagio, perchè subito attaccato dagli altri bambini della squadra avversaria, che facilmente, lo mettevano a terra e fuori gioco. L’unico compito che non gli creava problemi e che faceva volentieri, era raccogliere le palle che finivano fuori dal campo, e in questo era bravissimo.

Un brutto inverno, le strade, le case e il lago del villaggio, si coprirono di neve e ghiaccio, e uscire a giocare, divenne veramente difficile. Quando il tempo lo permetteva, il lago ghiacciato era l’unico posto dove incontrare i compagni per pattinare insieme, e lì ciascuno mostrava la propia bravura.

Purtroppo, anche in uelle occasioni, gli spintoni e gli sgambetti per farlo rotolare a terra non gli erano risparmiati, seguiti poi dalle grosse risate dei compagni che riempivano il silenzio del posto.

Tutto sembrava essergli contro, ma nel suo cuore non riusciva mai a sentire risentimento verso quelli che per abitudine lo trattavano da perdente.

Un brutto giorno, durante un gioco in cui si doveva saltare sul ghiacco che copriva il lago e poi scappare via prima che si rompesse, due ragazzini come lui non fecero in tempo e finirono dentro l’acqua ghiacciata. Nonostante le loro urla e le richieste disperate di aiuto, nessuno tra i presenti ebbe il coraggio di farsi avanti per aiutarli, anche quelli che dicevano di essere i più forti e coraggiosi scapparono via temendo che il ghiaccio potesse rompersi di più e tirare giù anche loro. Il destino dei ragazzini che erano caduti nell’acqua ghiacciata sembrava ormai segnato, il freddo faceva battere loro i denti e la forza per reggersi a galla pian piano li abbandonava.

Mentre tutti si limitavano a gridare dalle sponde del lago aspettado aiuti che non arrivavano mai, Mignolino si tolse lo zaino che portava sulle spalle, lo gettò di lato, afferrò un lungo ramo d’albero che trovò vicino, e senza timore si stese a pancia in giù sul ghiaccio che copriva il lago, avvicinandosi lentamente ai compagni in difficoltà.

Ogni centimetro che guadagnava, era seguito da piccoli scricchiolii per le nuove crepe che si aprivano sotto di lui e che potevano inghiottirlo da un momento all’altro. Nonostante i compagni gli urlassero di tornare indietro, Mignolino non si fermò, anzi, continuò ad avvicinarsi ai malcapitati sempre di più. Era l’unico che per il suo peso poteva avere qualche possibiltà di salvare i suoi compagni. L’affanno, la tensione che lo accompagnava in quel persorso che gli sembrava non finisse mai, gli davano la sensazione di non sentire più il freddo pungente che lo avvolgeva, il suo unico pensiero era arrivare dai suoi compagni in pericolo e salvarli da una fine che lentamente si avvicinava.

Raggiunta una distanza sufficiente a permettere al ramo di toccarli, si fermò e gridò loro di afferrarlo per cercare pian piano di uscire da quel buco nel ghiaccio, mentre dall’altro lato lui tirava con tutte le sue forze.

Utilizzando l’appoggio che avevano ricevuto, anche se ormai congelati e con poche forze, uno per volta riuscirono a tirarsi fuori  dall’acqua ghiacciata e avvicinarsi a Mignolino, che fece da guida per arrivare alla riva il più presto possibile.

Dell’incidente avvenuto, ormai si era diffusa la notiza e tutti i soccorsi del paese si erano messi in moto per arrivare e salvare i bambini caduti nel lago. Una volta arrivati, però, non poterono fare altro che svestirli dagli abiti ormai ghiacciati che avevano addosso e coprirli con coperte calde per poi portarli presto in ospedale.

Nella confusione, nessuno pensò a com’erano riusciti a salvarsi, Mignolino, anche lui infreddolito e con i denti che gli battevano, fu lasciato solo, senza nessuno che gli stesse vicino e che gli offrisse qualcosa di caldo.

Tornato a casa, Mignolino si rannicchiò accanto al camino per prendere calore, tutto quello che era avvenuto lo rivedeva nella sua mente come fosse un film e ancora si meravigliava di se stesso per il coraggio che aveva avuto nel soccorrere i suoi amici, un soccorso, che anche se rischioso, avrebbe dato sempre e comunque.

Il mattino dopo, si svegliò con un forte raffreddore e con qualche linea di febbre che gli impedì di andare a scuola. Non aveva raccontato ai suoi genitori cosa avesse fatto e dovette sopportare pure i loro rimproveri per non essere stato attento a non prendere freddo.

 Un brodo caldo e morbide coperte, lo fecero riprendere pienamente la stessa sera. Il mattino dopo, come sempre, si preparò per andare a scuola, e dopo la colazione corse in strada per prendere l’autobus. Stranamente quella mattina era vuoto, non c’erano i suoi compagni e subito pensò che forse anche loro fossero raffreddati per essere stati troppo tempo esposti al feddo di quella brutta giornata. Sceso dall’autobus, s’incamminò a passo veloce verso il portone della scuola. C’era uno stano silenzio, e subito fu raggiunto dal maestro che senza spiagargli il motivo, gli disse che le lezioni quella mattina si sarebbero svolte nell’aula teatro della scuola.

Appena dentro, fu investito da un forte applauso. Non capiva cose stesse succedendo, attraversava la folla intorno a lui anche un po’ timoroso. Vedeva i suoi compagni che gli sorridevano e gli davano pacche sulle spelle accompagnate da un coro pieno di elogi per lui.

Era un sogno o era tutto vero?

Non riusciva a capire, ma se era un sogno, non avrebbe voluto svegliarsi mai.

Tutti i suoi compagni, anche quelli che sempre lo emarginavano o gli facevano dispetti, erano intorno a lui per ringraziarlo e stringergli la mano per quello che aveva fatto, per il coraggio che aveva mostrato nel salvare due suoi amici, mentre gli altri erano stati solo a guardare. In fondo al corridoio, tra la folla che lo circondava, vide di fronte a se cuelli che aveva tirato fuori dal ghiaccio, c’erano anche i loro genitori che con le lacrime agli occhi lo accarezzavano e gli dicevano grazie. Il direttore della scuola, a un certo punto salì sul palco, e parlando dal microfono gli rivolse parole di elogio e di graditudine per il suo eroico gesto, citandolo come modello per gli altri ragazzini della scuola.

Non gli sembrava vero. Per la prima volta si sentì finalmente considerato per quello che era, cioè un ragazzo come gli altri, forse solo un po’ più coraggioso.

Grande fu pure il suo stupore, quando voltandosi indietro, tra la folla che lo applaudiva, vide pure la sua mamma e il suo papà, anche loro commossi e orgogliosi di come quel figlio era diventato. Tutto sembrava perfetto, ma mancava qualcosa, mancavano i suoi fratelli che lo avevano sempre considerato troppo debole rispetto a loro, ma non ci volle molto per accorgersi che anche loro erano lì e gli corsero incontro. Appena raggiunto, lo presero in braccio insieme, alzandolo in alto e urlando il loro orgoglio di essere i fratelli di quel piccolo ma grande uomo.